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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



23/10/2008 M. Causi
Federalismo da incubo
 
Il progetto di federalismo fiscale del governo Berlusconi nasce come un´anatra zoppa. Nessuno, a cominciare dal ministro per l´economia, ha ancora avuto il coraggio di fare i conti, e di valutare quanto rischiano di costare le promesse fatte a tutti − al Nord, al Sud, a Roma, alla Sicilia − dal ministro Calderoli pur di incassare un consenso preventivo. E, mentre il Parlamento si accinge a discutere questo progetto, il governo non ha ancora presentato alcuna proposta per la riforma complessiva del sistema delle autonomie locali in Italia. Insomma, si vuole discutere di quanti soldi dare a ciascuno (regioni, province, comuni, ecc.) senza avere prima stabilito le funzioni che ciascuno deve svolgere. E senza averle, queste funzioni, razionalizzate e distribuite in modo adeguato, per superare le tante distorsioni oggi esistenti, dalla duplicazione di interventi a carico di diverse amministrazioni all´esistenza di tanti servizi che richiedono una profonda revisione dei modelli organizzativi per raggiungere frontiere accettabili di costo e di qualità.
Ed è al contrario proprio da qui che nasce il progetto del Partito Democratico, che al federalismo fiscale ritiene indispensabile associare altre due gambe: la riforma del sistema delle autonomie (carta delle autonomie) e le norme, di rango costituzionale e di rango ordinario, necessarie affinchè, una volta avviato, il nuovo assetto "multilivello" dell´Italia federale possa funzionare con efficaci istituti di coordinamento e poteri sostitutivi. Perchè, in caso contrario, c´è il rischio che la riforma federale, piuttosto che restituirci uno Stato più efficiente e più vicino ai cittadini, si trasformi in un incubo: permanenti conflitti egoistici fra i territori della nazione, enti pubblici che invece di collaborare si trasformano in "separati in casa", costi crescenti, pressione fiscale non più controllata da nessuno.
Nel progetto del Partito Democratico è previsto un meccanismo di coordinamento dinamico della finanza pubblica; si chiarisce che i servizi pubblici essenziali devono essere garantiti con standard uniformi in tutta Italia, e che ciò vale sia per i servizi erogati dalle Regioni sia per quelli di competenza di Province e Comuni; la perequazione è nelle mani dello Stato, e non basata su accordi "orizzontali" fra Regioni; una Commissione parlamentare bicamerale, integrata dalle rappresentanze delle autonomie locali, è incaricata di monitorare l´intero processo di attuazione, che sarà lungo e non può essere totalmente delegato all´esecutivo. Su tutti questi punti il progetto Calderoli, pur avendo abbandonato le ipotesi più estremistiche e inaccettabili contenute nei programmi elettorali dei partiti di centro-destra, è ancora molto carente e dovrà essere migliorato dal Parlamento.
Nella nostra visione, il federalismo non deve diventare il cavallo di Troia dell´egoismo territoriale, né il mezzo per ridurre, in tutto il paese o in parte di esso, il welfare locale e i servizi pubblici di prossimità. Al contrario, questa è l´occasione per una riforma del welfare, al cui centro stanno due grandi sfide. La prima riguarda l´efficienza dei servizi pubblici: i fabbisogni di spesa vanno ricostruiti non più in base alla spesa storica, ma ai "costi standard", e cioè i costi che, per ciascun servizio, garantiscano la migliore efficienza e standard prefissati di qualità.. La seconda sfida, della quale si parla troppo poco, è quella dell´efficacia delle politiche pubbliche, poiché per definire la dotazione di risorse occorre moltiplicare il costo standard unitario per un obiettivo quantitativo e qualitativo di servizio che si intende garantire.
E´ qui che il paese è chiamato ad un esercizio da grandissima rilevanza politica: quanti bambini accogliere negli asili nido? Quale standard per le residenze per gli anziani? Qual´è il "livello essenziale" di servizio per i non autosufficienti? E per i servizi domiciliari? Piuttosto che per il trasporto pubblico locale e la raccolta differenziata dei rifiuti?
Nella proposta del Partito Democratico l´attuazione del Titolo V della Costituzione, riformato nel 2001, coincide quindi con una grande riforma del welfare e con un nuovo Patto per la convergenza tra i diversi territori italiani, le cui pubbliche amministrazioni locali dovranno nel corso del tempo, e compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, adeguarsi a standard di costo efficienti, ma al contempo portare verso livelli europei la copertura e la qualità dei servizi essenziali. E dovranno abituarsi a rendicontare ai cittadini le risorse gestite, siano esse provenienti da tributi propri o dai fondi perequativi, in termini di obiettivi di servizio effettivamente realizzati.
 
fonte: EUROPA
 



 
Federalismo da incubo
fonte: EUROPA del 23/10/2008

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