Roma, 19 Aprile 2024  
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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



19/01/2012 M.Causi
question time presentato in Commissione bilancio sul Commissariamento del bilancio di Roma
INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE
Al Ministro dell´economia e delle finanze.
- Per sapere - premesso che:
da fonti di stampa si apprende che il Sindaco di Roma Capitale, Gianni Alemanno, avrebbe dichiarato di avere "salvato la città dal rischio default e ridotto di 3 miliardi i debiti accumulati dal Campidoglio prima del 2008.";
una seria e oggettiva ricostruzione di quanto avvenuto a Roma sulla gestione del debito, a partire dalla scelta della separazione tra gestione ordinaria e straordinaria di Roma Capitale stabilita dall´articolo 78 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dimostra l´estrema superficialità e approssimazione di tale giudizio. A distanza di anni è possibile affermare che tale separazione era infondata nei suoi presupposti, poiché una crisi di liquidità del Comune, indotta dalla crisi finanziaria della Regione Lazio, è stata scambiata per una crisi di tipo strutturale; ha comportato una perdita di efficienza, di trasparenza e di autonomia nella gestione finanziaria della Capitale; ha prodotto un´allocazione inefficace e distorta delle risorse aggiuntive create per finanziare il piano di rientro, a carico sia della finanza statale sia dei contribuenti romani;
in merito ai presupposti che determinarono la separazione delle gestioni, come già sostenuto nell´interpellanza n. 2/00192 e nell´ordine del giorno n. 9/01891/086, sia dal punto di vista giuridico, sia dal punto di vista contabile non sussisteva alcuna necessità di procedere al commissariamento del Comune di Roma poiché l´esposizione finanziaria denunciata derivava da talune anticipazioni di cassa resesi necessarie per il mancato trasferimento da parte della Regione Lazio di risorse dovute al Comune di Roma per un ammontare superiore ad un miliardo di euro, di cui 738 milioni per i servizi minimi del trasporto pubblico locale e 268 milioni per interventi in vari settori (casa, scuola, assistenza);
analizzando il debito primario del Comune di Roma, circa 7 miliardi di euro (di cui 1.499 milioni di emissioni obbligazionarie, 2.363 milioni di mutui con la CDP, 2.777 milioni di mutui bancari e 644 milioni di aperture di credito correlate a gare aggiudicate, oltre a qualche posta minore) esso appariva del tutto compatibile con una gestione ordinaria e, se valutato in termini pro capite, il debito denunciato come "insostenibile"risultava inferiore a quello dei Comuni di Milano e di Torino, oltre che di molti altri Comuni italiani;
in attuazione del citato articolo 78 del dl 112/2008, che stabiliva la separazione delle gestioni, la nuova Giunta predispose un piano di rientro approvato con DPCM il 5 dicembre 2008 che si configurava essenzialmente come una lunga lista di spese che necessitavano di copertura e in cui si evidenziava un debito totale di 9 miliardi e 422 milioni di euro che, nella seconda versione del piano, datata 15 giugno 2010, diventavano miracolosamente 13.410 milioni di euro, una cifra ottenuta attraverso il discutibile inserimento di una serie di voci di spesa;
in primo luogo quelle i cui impegni giuridici non si erano concretizzati alla data del 28 aprile 2008 ma sarebbero potuti emergere in futuro, con un rilevante grado d´incertezza sull´an, sul quantum e sul profilo temporale di tali obblighi (ad esempio i presunti oneri per sentenze avverse connesse all´attuale contenzioso giudiziario, relativo soprattutto ad espropri oppure i debiti fuori bilancio);
in secondo luogo, sempre nelle passività, venivano conteggiate le spese di parte corrente maturate dall´ordinaria attività dell´amministrazione nel periodo intercorrente fra il primo gennaio e il 28 aprile del 2008 ma non le analoghe voci di entrata, regolarmente incassate dal bilancio comunale, per una somma di circa un miliardo che nulla ha a che vedere con il concetto di "debito pregresso" ma è un mero artificio contabile per ottenere il riconoscimento da parte dello Stato di risorse aggiuntive;
in questo modo, accollando alla gestione commissariale anche spese ordinarie dei primi quattro mesi dell´anno 2008 senza poter utilizzare, in quella gestione, la corrispondente quota parte di entrate, si creava artificialmente uno sbilancio tra le due gestioni che consentiva al consiglio comunale di approvare il rendiconto 2008 con un avanzo, senza consistenza reale, di 699,5 milioni; e si creavano anche le basi per l´accumulazione di un ingente debito commerciale dell´amministrazione nei confronti dei suoi fornitori;
al di là della insussistenza dei presupposti formali di questa scelta e della opinabile definizione dell´entità del debito, la gestione straordinaria ha comportato una perdita di efficienza, di trasparenza e di autonomia nella gestione finanziaria della Capitale. Essa non solo non ha prodotto alcun valore aggiunto nello smaltimento del debito ma ha creato problemi tali da richiedere l´intervento del giudice poiché la frattura artificiale tra creditori ante e post 28 aprile 2008 ha determinato il moltiplicarsi di azioni giudiziarie di natura amministrativa, attivate dai creditori del Comune. Pronunciandosi sullo sdoppiamento della contabilità, il Consiglio di Stato e il TAR del Lazio hanno sostenuto, infatti, che la separazione delle gestioni "non rende in alcun modo dubbia l´individuabilità della parte debitrice dell´ente locale" richiamato a dare esecuzione alle sentenze oggetto del giudizio di ottemperanza entro il termine di 60 giorni;
da fonti di stampa si apprende che Campidoglio e Commissario straordinario stanno iniziando a pagare i creditori. Si tratta senza dubbio di una buona notizia per le imprese fornitrici, e cioè che si è avviato il superamento di un problema creato dalla stessa amministrazione comunale con la scelta della separazione; ancora più soddisfatti potrebbero essere i creditori se la scelta sui criteri con cui essi vengono selezionati fosse informata a parametri oggettivi e conoscibili;
il problema della trasparenza si pone anche con riferimento alle modalità di finanziamento del Piano di Rientro, atteso che non è stata seguita la strada inizialmente ipotizzata, e cioè il ribaltamento in un mutuo di lungo periodo della massa debitoria, utilizzando i previsti 500 milioni annui per il pagamento di ratei e interessi; questa circostanza avvalora la tesi, qui sostenuta, secondo cui la massa debitoria del piano di rientro era di fatto gonfiata ed eccessiva al confronto con lo sviluppo temporale effettivo degli obblighi giuridici di pagamento;
poiché il finanziamento del piano di rientro dipende in parte da risorse statali - a fronte delle quali è stata prosciugata ogni ulteriore fonte finanziaria aggiuntiva per Roma Capitale, a partire dalla legge 15 dicembre 1990 n. 396 − e in parte da un rilevante sforzo fiscale della comunità amministrata, è necessario a questo punto domandarsi se una gestione finanziaria che riunifichi l´ordinario con lo straordinario non sarebbe in grado di fornire maggiore stabilità e certezza alle risorse per la città rispetto all´attuale regime consolidatosi dopo le scelte del 2008;
la scelta della gestione straordinaria, infatti, si è rivelata molto costosa. Per le spese di funzionamento sono a disposizione 2,5 milioni di euro, 250 milioni sono destinati al compenso del Commissario e risulta che dal 1° dicembre 2011 ci si avvalga di una consulenza per il supporto legale e giuridico da parte della società "21 aprile srl", del gruppo Fintecna, di cui lo stesso Commissario, Prof. Varazzani, è amministratore delegato. Peraltro, fonti di stampa riportano che ancora oggi la nomina dell´attuale Commissario è soggetta a incertezza per via dei ricorsi avanzati nelle sedi competenti dal Commissario precedentemente nominato e poi rimosso.-:
se il Governo intenda rendere pubblica la rendicontazione delle attività svolte dal Commissario inviata periodicamente, secondo quanto si apprende da fonti di stampa, tramite comunicazioni, al Ministro dell´economia e finanza;
se il Governo intenda chiedere al Commissario la rendicontazione dei criteri che hanno informato le procedure per la selezione dei creditori da soddisfare, al fine di rendere tale documentazione pubblica e trasparenti i criteri di scelta sottostanti.
BARETTA, CAUSI
 

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