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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



23/08/2016 M.Causi
Grandi aziende, grandi problemi

Il Tempo, 23 agosto 2016

Grandi Aziende, grandi problemi

L´intervento di Marco Causi

Le municipalizzate di Roma sono grandi, le più grandi in Italia. Un fatto banale, perché Roma è la più grande città del paese. E però a grandi aziende corrispondono grandi problemi. Talvolta danno l´impressione di essere troppo grandi, e cioè di generare diseconomie di scala (ad esempio nella raccolta dei rifiuti e nello spazzamento). In altri casi pur essendo localmente grandi restano piccole nella geografia industriale europea: un difetto comune all´Italia intera, dove nelle «public utilities» siamo restati indietro nelle economie di dimensione e nell´investimento in tecnologie e innovazione (ad esempio nelle reti infrastrutturali). Storicamente le aziende romane hanno sofferto non solo per gli errori della politica e del sindacato, ma anche per il «federalismo sgangherato» dentro cui il Campidoglio si trova: Comune ordinario, uguale agli altri, dentro una Regione in cui l´area metropolitana romana crea squilibri altrove inesistenti, con la riforma di Roma Capitale restata a metà del guado (o forse anche prima della metà…). Guardiamo il trasporto pubblico. Molti stentano a crederlo, ma i costi standard del trasporto romano sono in linea con quelli nazionali. Perché allora lo storico deficit finanziario del comparto? Per due motivi: pochi ricavi propri (cioè molta evasione tariffaria) e pochi contributi regionali. Se Roma avesse dal Lazio lo stesso contributo che Milano ha dalla Lombardia non ci sarebbe deficit da ripianare. Fra parentesi, è proprio il ripiano di questi deficit che ha contribuito nel passato secolo a far lievitare il debito finanziario del Comune.

Leggo che l´assessore Minenna intenderebbe far lavorare una "task force" per capire da dove nasce il super-debito comunale: può anche risparmiare la fatica, nasce in gran parte dal trasporto. E si manifesta oggi in una drammatica emergenza di manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e delle flotte. Sono appena arrivati al Campidoglio i circa 200 milioni di euro ottenuti dalla giunta precedente e stanziati dal Governo sul cosiddetto "decreto territori": sarebbe bene usarli in via prioritaria per investimenti su questa emergenza (oltre che, come programmato, sulla pubblica illuminazione). A Roma sono invece fuori linea, e non di poco, i costi standard del servizio di igiene urbana. Lo sanno bene cittadini e imprese, che pagano una delle Tari più alte d´Italia. A ciò contribuisce un modello di raccolta costoso (porta a porta e differenziata in cinque tipologie), un modello di spazzamento inefficiente, ma soprattutto il mancato completamento degli impianti per la chiusura del ciclo dei rifiuti (quelli esistenti nascono fra 1995 e 2007, dopo di allora niente) e una storia delle tariffe di conferimento in questi impianti che, come indicano le indagini della magistratura, è caratterizzata (almeno) da scarsa trasparenza, e forse da qualcosa di peggio. Gli impianti da completare sono quelli di trattamento, non quelli di termovalorizzazione. Nel piano industriale di Ama (settembre 2015) questi impianti sono programmati e finanziati: basta attuarlo. Bene usare gli impianti già esistenti, bene coinvolgere Acea (chi scrive lo fece fra 2004 e 2007), ma solo a condizione di ottenere tariffe eque e trasparenti. Male, invece, cercare capri espiatori da additare sulla pubblica piazza: Daniele Fortini è un galantuomo, che ha lavorato duro da inizio ‘14 per portare Ama fuori dai disastri provocati dalle gestioni dei precedenti sei anni.

Acea, quotata in borsa, è valutata dal mercato e non dalla politica. Secondo me questo è un bene: vedremo se i 5 stelle romani, come Pizzarotti, abbandoneranno posizioni ideologiche anti-mercato. Due osservazioni finali. Primo, il Comune possiede diverse aziende strumentali, che cioè producono per l´amministrazione e non direttamente per i cittadini. Potrebbe ispirarsi a quanto fatto da Nicola Zingaretti, che ha riunificato in una sola cinque aziende: meno consigli di amministrazione inutili, risparmi sui costi correnti di ben il 15 per cento. Secondo, la sfida non è solo sulla gestione corrente (efficienza), ma anche su investimenti e strategie industriali. Acea, Atac e Ama sono imprese industriali. Analizzando i loro (grandi) problemi si vede bene che derivano − al netto degli eventuali comportamenti scorretti che vanno valutati in una diversa dimensione − dall´insufficiente sviluppo in senso industriale della loro organizzazione e cultura aziendale. Non me ne vogliano gli avvocati, compresa la nostra Sindaca, ma è di ingegneri, di tecnologi, di addetti specializzati che abbiamo bisogno per risollevare i servizi pubblici fondamentali della nostra città.

Marco Causi, deputato Pd, ex assessore Bilancio giunte Veltroni e Marino

 

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