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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



27/04/2017 M.Causi
La trattativa per la Brexit: nervi saldi e no alle guerre commerciali

Domani il Consiglio europeo si riunisce per definire il mandato alla squadra che dovrà nei prossimi mesi trattare con il Regno Unito l´uscita dall´Unione. Occorrono nervi saldi e sguardo sul lungo periodo. Non conviene a nessuno, né all´Unione né al Regno Unito, accentuare divisioni e fratture.

I promotori del referendum sulla Brexit hanno raccontato che il Regno Unito avrebbe acquisito, dopo l´uscita, lo stesso status di paesi come la Norvegia, con l´adesione allo spazio economico europeo e la piena partecipazione al mercato unico. Hanno mentito al loro popolo, perché non è e non sarà così. Al cuore della Brexit c´è lo stop alla libera circolazione delle persone, e senza questa non ci sono le condizioni per partecipare al mercato unico. Neppure con la formula più semplice dell´unione doganale. Sul piano delle relazioni economiche UK e UE si avviano a una vera separazione.

Nei primi mesi di Brexit non sono emersi nell´economia britannica impatti negativi, anzi il Pil ha avuto un´accelerazione e la borsa inglese è cresciuta ben più di quelle europee. Attenzione però: questo risultato è stato ottenuto grazie a una consistente svalutazione della sterlina (meno dieci per cento sull´euro, meno 16 sul dollaro). Si tratta di un palliativo di breve periodo: il vero impatto, se ci sarà, emergerà nel lungo periodo e dipenderà dall´esito della trattativa con l´Europa.

Una trattativa che è interesse di tutti orientare verso un esito positivo. E questo non solo perché il Regno Unito è partner indispensabile su versanti diversi da quello strettamente economico, come la sicurezza e la difesa. E non solo perché l´Unione dovrà ottenere sufficienti garanzie e tutele per i cittadini europei che vivono nel Regno Unito.

Il punto è che, nonostante la Manica e l´inguaribile spirito insulare dei cittadini britannici, i due sistemi sono integrati: spezzare l´integrazione è costoso per tutti. L´Italia ha un attivo commerciale con UK di 11 miliardi, il secondo in Europa dopo la Germania. L´approdo più desiderabile sarebbe un accordo di libero scambio, come quello recentemente concluso con il Canada.

E´ essenziale che regolamentazione e vigilanza sui mercati finanziari restino in UK ancorati agli standard europei: per l´importanza della piazza londinese sarebbe pericolosa una deviazione verso modelli meno rigorosi e trasparenti. Sembra comunque inevitabile che il Regno Unito perda pezzi di industria bancaria e finanziaria: l´Italia farebbe bene a muoversi con adeguate iniziative di sistema, anche in accordo con le istituzioni locali, soprattutto milanesi, per attrarre alcuni segmenti di elevata specializzazione.

Sul versante delle agenzie europee da rilocalizzare, per quella di supervisione delle banche (EBA) è in corso una riflessione comunitaria che porterà probabilmente a un suo riassetto generale: meglio puntare sull´agenzia europea per i medicinali (EMA), su cui l´Italia avanza la candidatura di Milano.

Se non ci sarà accordo torneranno i dazi doganali, come avviene fra Unione Europea e paesi terzi. Banca d´Italia ha stimato, utilizzando le tariffe attualmente in uso nell´Unione, che l´incidenza media dei dazi colpirebbe in misura più elevata le esportazioni europee verso il Regno Unito al confronto con i flussi opposti: le tariffe variano da settore a settore, il livello medio dipende dalla composizione settoriale delle esportazioni.

Se l´Europa volesse contrastare questo effetto, e se dovessero prevalere in Europa indirizzi politici mercantilistici e punitivi nei confronti del Regno Unito, partirebbe una guerra tariffaria. Non è proprio il caso di imboccare questa strada: si ricordi sempre che la prima guerra mondiale - e poi la seconda, che ne è stata conseguenza - ha avuto origine dalle politiche mercantilistiche e dalle guerre commerciali. L´Unione Europea è nata per non ripetere gli errori della prima metà del Novecento e per scrivere una nuova storia. Non può e non deve abbandonare la sua missione di fondo, nonostante la Brexit.

Marco Causi

 



 
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