Secondo il Ministero dello sviluppo economico "la joint venture fra Acea e Suez-Gaz de France è un´opportunità di cooperazione industriale nel settore dei servizi pubblici locali (…) In particolare, tale operazione presenta le caratteristiche di un´alleanza strategica che pone le basi per uno sviluppo della rete, dando seguito agli impegni già assunti a livello internazionale". Queste frasi sono contenute nella risposta del Governo all´interpellanza urgente presentata sulla questione Acea da tutti i deputati PD di Roma e del Lazio.
Insomma, si potrebbe ironizzare dicendo che Scajola boccia Alemanno in politica ed economia industriale.
Ma purtroppo non c´è nulla da ridere in questa vicenda. Che non è, sia ben chiaro, una vicenda di potere: il centro-destra sta con Caltagirone, il centro-sinistra con i francesi. E non è una vicenda di spoil system: Mangoni, l´amministratore dimissionario di Acea, era un quadro dirigente interno all´azienda e non fu nominato portandolo da fuori.
Questa è una vicenda che mi appassiona non per motivi di potere o per motivi personali, ma perché è legata alla crescita industriale e occupazionale di una delle più grandi e prestigiose imprese romane. Acea in sette anni, con i francesi, ha moltiplicato per dieci la sua capacità di generazione elettrica. E nei prossimi anni potrebbe, se gli apprendisti stregoni del Campidoglio vorranno seguire i consigli di Scajola, integrare il gas con l´elettricità.
Ciò significa garantire il futuro di Acea nello stesso settore elettrico, rendendola capace di fare ai suoi clienti offerte congiunte; costruire a Roma il terzo gruppo italiano nel settore delle utilities, sotto Eni ed Enel ma di gran lunga sopra le altre imprese ex municipalizzate del Nord; concentrare a Roma, e non altrove, le attività a più alto valore aggiunto del gruppo, quelle direzionali ma anche quelle legate alla ricerca e sviluppo, rafforzando così la vocazione e la specializzazione della città di Roma in questo importante settore. E infine significa dare seguito ad accordi internazionali di tipo strategico che coinvolgono anche la principale impresa italiana, l´Eni.
Non c´è contraddizione fra questa opzione strategica e le altre attività tradizionali di Acea nel settore idrico. Né fra lo sviluppo industriale di Acea e la sua natura di società a prevalente partecipazione pubblica. Anzi, nel capo dei servizi pubblici locali, e soprattutto nell´idrico, dove le imprese lavorano come concessionari di beni pubblici, credo che la partecipazione di controllo pubblica rappresenti un´ulteriore garanzia a cui non si deve rinunciare.
Non credo invece che sarebbe sensato ritirare Acea dalla borsa e ripubblicizzarla al 100%, come qualcuno propone. A parte gli enormi costi dell´operazione, una società pubblica corre sempre il rischio di deragliare sul terreno dell´efficienza. Il controllo trasparente da parte del mercato permette invece di mantenere ben forte l´obiettivo di efficienza, e con esso quello di scegliere i fornitori e il personale con procedure trasparenti che premino la qualità e il merito, e non l´amicizia politica.